Per la Rubrica ” Notte… a Sentenza”: Conversazioni e-pistolari a notte fonda tra concezione etica della cittadinanza ed incertezza ideologica ai tempi dell’astensionismo elettorale e della “Demopazzia”.

Con il Prof. Roberto Varricchio, docente di Sociologia del fenomeno burocratico presso l’Università degli Studi di Bari.

Il Riposizionamento ideologico del Movimento 5 Stelle e la svolta Social- democratica”.

SOGNANDO UN MONDO REALE…

 

Anno Domini 2023, tra Bari ed Ostuni, una sera di un giorno qualunque del mese di aprile.

Alf: Ciao vecchio mio, come stai? Non dirmi che dormi già! La notte è appena scesa e tu sei animale notturno… (e, mi raccomando, se esci, ricordati di accendere gli anabbaglianti!!).

Da quando vivo ad Ostuni sono sempre meno le occasioni che abbiamo per dar libero sfogo a quelle interminabili elucubrazioni socio-politiche che ai tempi dell’Università amavamo intraprendere. E’ trascorso lungo tempo da quando si studiava insieme e si trascorreva il tempo a dissertare dei massimi sistemi (per il vero, nelle pause in cui ci occupavamo di più futili condizioni legate alla curiosità dell’ignoto e del metafisico, oltre che a quelle legate all’ormone della giovane età).

Il tempo trascorso ci ha visto impegnati – su fronti vicini e diversi- nella professione e nella ricerca universitaria, ma qui, ora, io sento forte l’esigenza di un immediato confronto (o forse solo di un conforto?) – da amico e studioso- sui temi della cittadinanza attiva e della partecipazione politica.

Vengo al dunque. Ad Ostuni tra pochi giorni, dopo un periodo di Commissariamento per infiltrazioni mafiose, si andrà al voto per il rinnovo del Consiglio Comunale ed il paese avverte l’urgenza di un rinnovamento della classe dirigente.

Mi “stuzzica” ed accarezza l’idea di una mia candidatura nel Movimento 5 Stelle, unico soggetto intermedio che mi offre garanzie di concreta e reale partecipazione attiva. Ma sai, i dubbi sono tanti, soprattutto quelli legati alle etichette che i media ed il sistema hanno voluto affibbiargli, e non so se avrò la forza di resistere alle obiezioni qualunquiste, anche degli amici e dei compagni, con cui dovrò inevitabilmente confrontarmi…

Qui ormai tra pandemie e guerre di portata internazionale, crisi economiche ed esodi migratori, si registrano sempre più tensioni di natura schizofrenica tra i diversi aspetti che sostanziano il concetto di ‘cittadinanza’…e c’è il rischio, concreto, di perdere di vista l’obiettivo.  Con buona pace di ogni possibilità di rinnovamento. E io, sento l’urgenza di far qualcosa, prima di diventare troppo vecchio ed impigrirmi più di quanto già lo sia.

Tu, cosa ne pensi?

Rob:  …omississ…( tralascio la parte iniziale che non può essere pubblicataJ))…

Sì Alf, è proprio così. Si sta via via accentuando il contrasto tra la dimensione ‘legale’, che richiama una concezione atomistica del sé in quanto soggetto di diritto, e la dimensione ‘etica’, che evoca una concezione del sè socialmente radicata.

La nozione liberale di cittadinanza, dove lo scopo della vita associata è quello di garantire la massima libertà individuale, è andata man mano contrapponendosi a quella social-democratica, che, nella sua dimensione etica, valorizza l’impegno per il bene comune e le virtù civiche, ed è sensibile al concetto di uguaglianza sostanziale, sostenendo la partecipazione dei cittadini all’azione di governo.

Quando i contrasti etici e legalistici sono tenuti sotto controllo, diritti e doveri trovano il modo di coesistere, ciò dà luogo ad un allargamento e arricchimento dei contenuti sostanziali della cittadinanza. Senonché, il panorama partitico attuale – anche nella dimensione delle piccole comunità-  registra scontri, che un tempo si sarebbero definiti, senza timore di smentita, ideologici, su aspetti che appaiono esclusivamente sociali ma che sono in realtà eminentemente politici.

Alf: Sì, me ne rendo conto, e -a pensarci bene- anche le stesse tensioni maturate nell’epoca del coronavirus, specialmente quelle inerenti l’obbligo vaccinale e il correlato green pass, nascondevano forti attriti tra le due diverse concezioni a cui hai fatto riferimento.

Rob:  Senza dubbio… Ma al momento le questioni che appaiono più delicate, che generano allo stesso modo marcate frizioni tra i diversi schieramenti e le diverse dimensioni del concetto di cittadinanza, riguardano le tematiche del lavoro e del welfare (vedasi la querelle interminabile sul reddito di cittadinanza) e soprattutto quelle dell’inclusione ed integrazione o meno dei migranti.

Di fronte a queste problematiche, in particolare in Italia, sembra ridestarsi l’atavica contrapposizione ideologica tra la destra e la sinistra e purtuttavia questa tendenza verso la polarizzazione politica non si traduce a livello di partecipazione democratica, rimanendo inalterati i dati inerenti l’affluenza alle urne nelle ultime tornate elettorali, che rivelano disaffezione alla politica. La scarsa partecipazione si traduce in dilagante astensionismo.

Alf: Ma la partecipazione non si determina soltanto sulla base della radicale contrapposizione tra le fazioni, non è né ortodosso nè proficuo che venga stimolata facendo leva sulle pato – logiche del tifo da stadio, sugli irrazionali quanto incostanti rigurgiti di simpatia e antipatia per quel partito o per quell’altro, per quel leader o per quell’altro.

La partecipazione si incentiva accrescendo la percezione, da parte del corpo elettorale e in generale del cittadino comune, della possibilità di intervenire sulle dinamiche della politica, sulle scelte di chi governa, sulla sensazione di far parte di processi equi e distributivi, in cui poter dire la propria, sui quali far valere la propria idea.

Rob:  A dirla tutta, il concetto di partecipazione non può che essere legato a una concezione etica della cittadinanza, ad una visione social-democratica sottesa alle ordinarie dinamiche della convivenza. Diversamente verrebbe contraddetta la stessa radice etimologica della parola ‘partecipazione’.

Ma, in un’epoca di marcato astensionismo e disaffezione alla politica, significa anche dare voce ai “cittadini senza partito”, orfani di appartenenza e rappresentanza.

Io credo che questo sia uno dei meriti storicamente attribuibili ai 5 Stelle, a partire da quando molte liste civiche raccolsero l’irriverente appello lanciato da Beppe Grillo finalizzato a dare uno scossone alla ‘Casta’. In tanti hanno intravisto l’occasione per fare sintesi e convogliare in un movimento nazionale quell’enorme arcipelago di esperienze di gruppi, associazioni e cittadini impegnati, da troppo tempo logorati dalla partitocrazia imperante ed affascinati da un movimento a vocazione liquida e senza un’identità definita, equidistante da destra e da sinistra, con il faro della legalità e con alla base la speranza che una forza antisistema potesse dare potere ai ‘senza potere’.

Considera che, dopo anni di controversa esperienza di governo, il Movimento conserva oggi un’importante fetta di consenso, a seguito di una evoluzione che l’ha visto lasciarsi alle spalle il grillismo e l’aspirazione alla cosiddetta ‘democrazia diretta’ per approdare ad un civismo politico, necessario per affrontare le sfide del presente e del futuro.

Questo percorso, inaugurato con la scissione dalla piattaforma Rousseau e con la consacrazione della leadership di Giuseppe Conte, ne ha sublimato l’identità di corpo intermedio, ha pressocchè definito la stagione del cosiddetto ‘movimentismo’, ma non ne ha eliminato i lati in sé e per sé positivi e, soprattutto, non ha estinto quell’istintiva voglia di fare diversamente politica e quell’attenzione ai bisogni della comunità. Non a caso gli attuali cavalli di battaglia del M5S sono sempre più inerenti il welfare espansivo e la transizione ecologica, ricette economiche proprie delle correnti socialdemocratiche, di cui lo stesso leader Conte ha espressamente rivendicato la natura progressista.

Questo approssimarsi alla ‘dimensione’ di ‘partito tradizionale’ non ha comportato l’abbandono della visione anti-establishment e di protesta nei confronti delle élite della ‘Seconda Repubblica’ e del sistema politico nel suo complesso, attestando la resilienza e la capacità ‘adattiva’ del Movimento nel riposizionarsi ideologicamente su un’agenda eco-sociale rafforzata dai richiami alla democrazia diretta, alla lotta alla corruzione e ai diritti civili (matrimonio egualitario, ius culturae, lotta alla discriminazione di genere e diritti delle persone Lgbtqi+).

Alf: Il M5S che si affaccia al futuro, dunque, secondo te, e se ho ben compreso, ha definitivamente rotto i ponti con l’incertezza ideologica, avendo sposato alcuni dei temi classici quanto universali della sinistra socialdemocratica? Mi riferisco al rafforzamento dello stato sociale, alla lotta alla precarietà, al contrasto alle disuguaglianze in genere.

Rob:  Sì, senza dubbio. Del resto è innegabile che la rapidità con cui si succedono i cambiamenti sociali e la proverbiale farraginosità del sistema politico che dovrebbe governarli generino contraddizioni e minaccino proprio quei principi democratici che dovrebbero ritenersi acquisiti in decenni di lotte e rivendicazioni.

Si avvertono infatti rigurgiti di segno contrario, a dimostrazione di come nessuna conquista possa ritenersi definitiva.

Oggi, la sopravvivenza della democrazia è messa in dubbio dall’aumento delle diseguaglianze, dal progresso tecnologico gestito da pochi, dalla corruzione dell’establishment, dalla debolezza dei partiti politici e dal fatto stesso che molti Stati hanno abdicato al loro ruolo, cedendo sovranità ad organizzazioni sovranazionali spesso inadeguate e non coese.

I sistemi elettorali non riescono ad aggregare le preferenze individuali e si rivelano incapaci di esprimere un consenso stabile. I governi che emergono sono spesso fragili e sfilacciati, tendono alla paralisi, rafforzando fazioni intransigenti, antidemocratiche e xenofobe.

La democrazia dell’inizio del nuovo millennio ha mal gestito l’evoluzione della società, si è rivelata incapace di lungimiranza, sacrificando spesso il domani all’oggi. Non ha impedito l’insostenibilità economica, sociale e ambientale. Non ha regolamentato il capitalismo, non ha gestito la globalizzazione, non ha evitato le crisi economiche. Ha subìto la trasformazione del processo elettorale in clientelismo e le pressioni delle lobby sulla politica. Ha accettato la perdita di sovranità nazionale. Non ha tutelato i diritti, non ha protetto le conquiste del welfare state. Non ha impedito che i diritti (di tutti) si trasformassero in privilegi (di pochi) e ha permesso l’aumento delle disparità sociali. Non è stata in grado di gestire il progresso tecnologico. Non ha saputo opporsi alla perdita di rilevanza della democrazia rappresentativa e non ha disciplinato adeguatamente la democrazia diretta. Ha istituzionalizzato l’impasse decisionale e aumentato la disillusione e il distacco dei cittadini verso la politica. Non ha impedito che le istituzioni chiave fossero controllate da gruppi di potere in competizione fra loro.

Il risultato è un panorama – anche quello asseritamente democratico – pieno di contraddizioni, in cui ancora si affrontano guerre, si discute di pena di morte, si lascia annegare in mare gli esseri umani, si parla ancora di ‘sostituzione etnica’ e si subiscono quotidiane discriminazioni.

Alf: Ma allora, sulla base del tuo pensiero, c’è da chiedersi se davvero si può parlare di ortodossa democrazia laddove si reiterano una serie di fenomeni che a tutto rispondono tranne che alle logiche dell’uguaglianza, della legalità e della pacifica convivenza.

Rob:  Potrei azzardare e dire che tutto ciò induce a ritenere che la democrazia abbia in sé i germi della sua scomparsa. Vorrei sbagliarmi, ma temo che se affossata dalle prevaricazioni dell’élite e dal disprezzo dei cittadini, la democrazia rischia di cadere nell’autoritarismo. La democrazia muore, infatti, nel voto che porta a governi inadeguati, nelle policy mediocri, nell’indebolimento delle istituzioni, nella percezione del ceto politico come casta privilegiata e corrotta, nella frattura tra establishment e cittadini, nella bassa partecipazione, nella paura del futuro, nel risveglio appunto di tendenze autoritarie.

Alf: La democrazia, però, se ben gestita, è in grado di autocorreggersi, facendo leva soprattutto sul recupero di quel senso di comunità proprio della concezione social-democratica della cittadinanza, che, nella sua dimensione etica, valorizza l’impegno per il bene comune ed implementa la partecipazione dei cittadini all’azione di governo.

Rob:  La recente pandemia, le efelidi della prolungata crisi economica, gli esodi migratori ulteriormente accresciuti a causa della guerra russo-ucraina richiedono una visione solidaristica della società. In questo risiedono le ragioni dell’attuale configurazione politica del Movimento 5 Stelle, che è oggi sempre più partito e sempre più di area progressista. Chi parla di drastica metamorfosi dimentica, però, che la vocazione latente è sempre stata della medesima natura, basata sulla partecipazione anche dei “cittadini senza partito”, orfani di appartenenza e rappresentanza, che, in ragione anche della regola sui limiti temporali del mandato, non intendono trasformarsi in professionisti della politica, ma solo in ortodossi funzionari al temporaneo servizio della res publica.

A dimostrazione di ciò non può non rimarcarsi l’introduzione in Italia di una misura di chiara matrice social-democratica quale il reddito di cittadinanza, grazie alla quale in piena pandemia milioni di persone hanno avuto un aiuto economico per vivere in modo dignitoso, evitando sul nascere le tensioni sociali che di sicuro sarebbero emerse in epoca di lockdown. D’altronde, non è stato forse il Movimento a contrastare la casta, con il taglio delle pensioni d’oro dei parlamentari, non è stato forse il Movimento a rappresentare un baluardo della legalità, patrocinando la ‘legge spazzacorrotti’ ed annoverando tra le sue fila il minor numero di indagati (e soprattutto condannati) per corruzione dell’intero panorama politico italiano?

Alf: Beh, sì, anche secondo me è giunto al capolinea il tempo del ‘vaffa’, del populismo spicciolo e dell’antipolitica. E’ arrivata l’ora di acquisire una precisa identità. Ma è la temperie socio-politica che lo richiede. Richiede che la protesta si traduca stabilmente in azione organizzata, incentrata su valori ed obiettivi univoci, incarnati da un leader riconoscibile di un partito che faccia da argine al settarismo, all’oscurantismo, all’omofobia e alla xenofobia e a tutto ciò che ancora oggi finisce per svilire concetti quali l’uguaglianza, la legalità e la solidarietà. E, del resto, non possono che essere questi i valori da propugnare e difendere se si vuole costituire un vero e proprio statuto di democratica cittadinanza.

Rob:  Le conclusioni sono state tratte, vedi un po’ tu, ora, che devi fare;)  tanto ti conosco bene e so che hai già deciso! Un abbraccio, ed un bacio a Sandra.

PS: Tienimi libera una stanza che a breve vi faccio una sorpresa e vengo a trovarvi a Giovannarolla green house

Alf: Un abbraccio a te vecchio mio… la stanza  per te è sempre pronta!  Ti aspettiamo.

 

Rob: Roberto Varricchio è docente incaricato in Sociologia dei processi economici e del lavoro presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, ed è stato docente incaricato dello stesso insegnamento anche presso il Dipartimento di Lingue e letterature straniere dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro. Già dottore di ricerca (Ph.d) in Dinamiche della Formazione – Educazione alla politica, è stato, a partire dall’anno 1999, cultore della materia in Sociologia del lavoro e organizzazione aziendale e docente incaricato in Sociologia del Fenomeno Burocratico e in Modelli organizzativi e competenze. I suoi principali ambiti di ricerca sono inerenti il mondo del lavoro nei suoi molteplici risvolti sia sociologici che giuridici, la pedagogia e la politica economica. Avvocato cassazionista, è stato componente del Comitato scientifico de Il Commentario Del Merito per l’organizzazione di convegni giuridici formativi accreditati presso l’Ordine degli Avvocati di Bari. Da anni promotore di iniziative di natura culturale a livello associazionistico, è autore di numerose pubblicazioni a carattere scientifico, tra cui si segnalano, tra le altre, Politica e decisione, 2011, Governance del territorio e tutela dell’ambiente: sociologia del fenomeno burocratico, 2015, Politica e diritto, 2016, La politica senza diritto, 2018, “Il Whistleblowing nel mercato del lavoro”, 2021. Autore, inoltre, del contributo intitolato ‘Il fenomeno burocratico italiano tra tentativi di riforma e aspirazione alla semplificazione’, nel testo Etica, legalità ed efficienza nella pubblica amministrazione, pubblicato da Aracne Editrice nel 2018.

 

Alf. Alfieri Luigi Maria ZULLINO è Avvocato Cassazionista. Libero professionista e pensatore, impegnato nell’esercizio del dubbio.