Il rispetto dei termini contrattuali al tempo del COVID-19. Presupposti ed adempimenti per invocare la causa di forza maggiore.

L’emergenza CoronaVirus sta avendo ed avrà un fortissimo impatto sull’economia, sugli scambi e sui rapporti contrattuali interni e internazionali.

Per quanto riguarda i rapporti commerciali i casi sono e saranno sempre più vari, ma i più frequenti saranno senz’altro rappresentati da ritardi o impossibilità di consegnare prodotti e materiali per difficoltà di approvvigionamento, o di sostenere costi fissi direttamente connessi al business, con un effetto domino che renderà difficile ricostruire la catena delle responsabilità e circoscriverne l’ambito.

E’ chiaro che, trovandosi coinvolti in una simile catena, il rischio di restare con il cerino in mano è altissimo.

Quali sono allora le regole che permetteranno agli eventuali giudici o arbitri di risolvere ciascuna delle controversie, attribuendo o meno la responsabilità a uno o più dei personaggi coinvolti?

In primo luogo, i giudici esamineranno le disposizioni del contratto che lega le parti al fine di comprendere quale sia la legge applicabile e se le parti abbiano disciplinato espressamente ipotesi come quella in esame.

Alcuni contratti, ad esempio, potrebbero prevedere che il ritardo nella consegna non possa essere in alcun modo giustificato, stabilendo una penale per il ritardo, oppure le parti potrebbero aver pattuito una clausola di esonero di responsabilità della parte che non abbia potuto adempiere ai propri obblighi in quanto impossibilitata da eventi di caso fortuito o forza maggiore.

In quest’ultimo caso occorrerà valutare in primo luogo se la diffusione del coronavirus, che il 30 gennaio scorso l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato “Public Health Emergency of International Concern (PHEIC)” possa essere considerata una causa di forza maggiore, per poi analizzare con attenzione il testo contrattuale e verificare se, ad esempio, l’inadempimento contrattuale di un produttore possa essere considerato sufficiente a ridurre o eliminare la responsabilità di un importatore che a sua volta non ha potuto garantire la fornitura del bene ad un distributore che, a sua volta, non ha potuto eseguire la vendita al cliente finale.

Quello di forza maggiore non è un concetto univoco, ma può variare da giurisdizione a giurisdizione e soprattutto da contratto a contratto, potendo le parti espressamente includere o escludere dalla nozione di forza maggiore determinati eventi, con la conseguenza che l’incidenza della forza maggiore dovrà essere valutata caso per caso in relazione allo specifico rapporto contrattuale.

Tipicamente, a livello internazionale, secondo quanto affermato anche dai principi Unidroit, sono considerate cause di forza maggiore quelle circostanze estranee alla sfera di controllo della parte obbligata, che determinano un impedimento che la parte stessa non era ragionevolmente tenuta a prevedere al momento della conclusione del contratto, né poteva evitare o superare l’impedimento stesso o le sue conseguenze.

Tra queste, i contratti sono soliti contemplare le catastrofi naturali, quali incendi, terremoti, alluvioni, inondazioni, uragani, etc. o eventi umani di particolare gravità, come guerre, atti terroristici, rivolte, scioperi, ordini del governo.

In tal senso la diffusione del coronavirus viene in rilievo sia quale causa di impossibilità naturale, per l’impatto del virus sulla salute e quindi sulla possibilità della catena di approvvigionamento di fornire servizi, sia come conseguenza indiretta delle misure adottate dalle autorità pubbliche per contenere il virus.

L’imposizione di quarantene, di limiti alla circolazione, la chiusura dei porti o dei traffici aerei hanno infatti un’incidenza inevitabile sulla corretta e tempestiva esecuzione delle obbligazioni contrattuali.

A sostegno degli imprenditori colpiti dall’epidemia, e al fine di temperare le conseguenze sul piano delle relazioni commerciali internazionali, il China Council for the Promotion of International Trade (agenzia accreditata presso il Ministero del Commercio Cinese), sta mettendo a disposizione certificati di forza maggiore, volti ad attestare che l’eventuale ritardo o inadempimento è direttamente causato dall’epidemia.

Un’analogia può del resto ravvisarsi con l’epidemia SARS del 2003, a fronte della quale vi sono stati alcuni arbitrati e tribunali cinesi che hanno effettivamente riconosciuto la sussistenza di cause di forza maggiore.

L’espressa previsione contrattuale o la configurabilità del coronavirus come causa di forza maggiore non determinano tuttavia automaticamente un’esenzione o una limitazione di responsabilità.

Occorre infatti, valutare:

  1. come l’impedimento abbia inciso sulla corretta esecuzione o sull’esecuzione tout court delle obbligazioni contrattuali;
  2. il rispetto degli obblighi eventualmente stabiliti dal contratto;
  3. (iii) il grado di diligenza adoperato dall’obbligato una volta verificatosi l’evento.

In genere viene contrattualmente previsto che la parte che ha subito l’impedimento informi il prima possibile l’altra delle circostanze verificatesi e delle potenziali conseguenze, e adotti le misure ragionevolmente possibili per mitigare i pregiudizi dell’evento.

In conclusione, la complessità della materia non lascia spazio a risposte generali, ma impone un’analisi caso per caso: è verosimile che, in linea di principio, l’epidemia possa essere considerata una causa di forza maggiore che esonera da colpa l’obbligato inadempiente, ma il giudizio non potrà non tenere conto del contenuto specifico della clausole contrattuali e di quanto possa essere concretamente e ragionevolmente richiesto al soggetto inadempiente secondo criteri di diligenza ed equità.

Alfieri L.M. Zullino

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